FIRENZE – La Regione Toscana, di concerto con le Aziende ospedaliere universitarie, con l’Università di Pisa, ricostituirà il Centro regionale di riferimento contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf), che fino al 2020 era attivo a Careggi ma che è stato chiuso con il pensionamento del dotto Omar Abdulkadir. A confermarlo oggi l’assessore regionale alla salute, Simone Bezzini, ribadendo quanto già annunciato giovedì scorso nel corso di un convegno organizzato dal Consiglio Regionale e la Commissione Pari opportunità.
Le mutilazioni genitali femminili, nelle loro varie forme – dal taglio del prepuzio della clitoride fino all’infibulazione – , sono diffuse in oltre 40 paesi nel mondo, soprattutto africani ma non solo. Si stima che coinvolgano 130 milioni di donne in tutto il mondo. In base alla proporzione delle donne straniere in Toscana, potrebbero essere circa 3.000/3.200 le donne, ragazze e bambine che in Toscana ad aver subito queste pratiche. “Si tratta di pratiche – spiega a Novaradio Daniela Matarrese, dirigente Sanità territoriale della Regione – che nulla hanno a che vedere con la religione e che provocano seri danni, sia psicologici che fisici alla donne: rischio di infezioni, menomazioni nell’attività sessuale, impossibilità o rischi mortali in caso di gravidanza e di parto”..
La Toscana offre gratuitamente alle donne che si rivolgono ai consultori assistenza nel percorso, clinico e chirurgico, di rimozione delle conseguenze delle mgf. Un ruolo svolto fino al 2020dal centro attivato dal dotto Abdulkadir, poi interrottosi con il suo pensionamento e l’arrivo della pandemia. E che ora sarà riattivato, insieme ad un potenziamento delle rete dei consultori, che era una delle richieste emerse dal dibattito tra istituzioni, esperti e associazioni. “Un grande risultato ottenuto a favore della salute delle donne” commenta la presidente della Commissione Pari Opportunità, Francesca Basanieri – al fine di mettere insieme le buone pratiche disseminate nel territorio toscano e creare una rete di servizi attivi sul territorio, in grado di prevenire e intercettare questi fenomeni nelle comunità che li praticano, oltre che di curare chi le hanno subite”.