FIRENZE- Da stamani Firenze ha accolto nuove ‘Pietre d’inciampo‘ dell’artista tedesco Gunter Demnig. Fino a venerdì ne saranno installate ben 28, dedicate ciascuna ad altrettante vittime della deportazione nazifascista. Il progetto, voluto dalla Comunità Ebraica di Firenze e dal Comune, ha preso vita nel gennaio del 2020. La prima posa è stata in piazza Indipendenza 5, in ricordo di Bruno Cagli, alla presenza dell’assessora alla cultura della Memoria Maria Federica Giuliani, dello stesso Demnig, dei componenti ‘Comitato per le Pietre d’inciampo’ e con la partecipazione degli studenti dell’Istituto alberghiero Saffi. Demnig produce piccole targhe di ottone incastonate su cubetti di cemento che vengono incassati nel selciato di fronte all’ultima abitazione della vittima.
“Le 28 pietre d’inciampo ci raccontano storie di deportazione ebraica razzista e politica” racconta Lorenzo Tombelli, presidente dell’Associazione Nazionale Ex-Deportati Firenze.”Rappresentano un ritorno a casa di coloro che sono stati deportati.”
Tra loro Oscar Cipriani, nato nei primi anni del 900′ che lavorava nelle officine Galileo, appartenente a una famiglia antifascista e aveva partecipato ai famosi scioperi del marzo del 44′, a seguito dei quali tanti furono deportati nei campi austriaci, come Mauthausen. La sua pietra di inciampo si trova in Via Romana, dove fu arrestato.
“Una storia che ci ha particolarmente colpito è quelle delle sorelle Servi furono arrestate e deportate in quanto ebree,” continua Tombelli.”Loro furono oggetto della retata che si svolse nella città di Firenze tra il 26 -27 novembre del 43′. Le sorelle furono arrestate dopo la retata che si è svolta nel convento di clausura delle suore francescane in Piazza del Carmine dove si erano rifugiate queste sorelle.” La loro pietra d’inciampo è visibile in Via Palazzuolo.
L’installazione delle 28 pietre d’inciampo a Firenze proseguirà fino a venerdì prossimo. “Durante i prossimi giorni saranno ricordati altri due deportati che hanno partecipato alla Resistenza e poi altre pietre in memoria degli internati militari,” conclude Tombelli