AREZZO – E’ morto a 49 anni Walter De Benedetto: l’uomo, che viveva a Olmo, nel comune di Arezzo, era uno dei malati simbolo della battaglia per la liberalizzazione della cannabis a scopo terapeutico. Malato da anni di grave forma di artrite reumatoide, nell’aprile di un anno fa era stato assolto perchè il fatto non sussiste dall’accusa di aver coltivato a casa marijuana: per il gup di Arezzo la produceva e utilizzava a scopo terapeutico per la sua malattia.
Nel suo ultimo appello al Parlamento, lo scorso 17 marzo, aveva scritto: ‘Ci sentiamo scoraggiati perché sembra che il nostro Stato preferisca lasciare 6 milioni di consumatori nelle mani della criminalità organizzata anziché permettergli di coltivarsi in casa le proprie piantine’ e concludeva, come sempre, ricordando a tutti che ‘Il dolore non aspetta’”.
Supportato da Meglio Legale e dall’associazione Luca Coscioni, Walter De Benedetto si era più volte appellato alla politica: in vista del suo processo si era rivolto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’ultima lettera, appunto, lo scorso 17 marzo 2022, al Presidente della Camera Roberto Fico, alla Ministra Fabiana Dadone e al Presidente della Commissione Giustizia Mario Perantoni per sollecitare la risposta del Parlamento davanti alla proposta del ddl sulla coltivazione domestica, ancora oggi in discussione in Commissione Giustizia.
“Sono molto colpito dalla sua morte perché Walter rappresentava sulla battaglia delle cannabis e sulla morte dignitosa, due temi su cui anche io mi sono impegnato, un punto di riferimento molto forte” ha detto l’ex sindaco di Cavriglia ed ex consigliere regionale Enzo Brogi, al suo fianco in molte iniziative: “Sui temi, per esempio, del fine vita – ha aggiunto – temo che rispetto ad altri paesi europei l’Italia sia molto molto indietro, la presenza della Chiesa non ha aiutato a favorire questo dibattito. Credo che ora si debba continuare a sostenere queste battaglie perché ritengo che la possibilità di spegnere la nostra candela di vita sia un diritto di ognuno di noi, e soprattutto farlo con dignità”.