FIRENZE – “Ho sempre detto fin da primo momento in cui mi sono confrontata con la vicenda di Podere Rota, che noi avremmo interrotto il percorso autorizzativo della richiesta di ampliamento della discarica”. Dopo l’emergere di una inchiesta della magistratura fiorentina che ipotizza reati legati all’irregolare gestione dei rifiuti e omissione di atti di ufficio a carico del sindaco di Terranova Bracciolini Sergio Chienni, e della dirigente regionale responsabile per le bonifiche Renata Caselli, l’assessore regionale l’ambiente Monia Monni assicura che la Regione non ha intenzione di dare seguito alla richiesta avanzata nel 2020 dalla proprietà della discarica di un ampliamento da 800 mila metri cubi in più per accogliere rifiuti speciali non pericolosi. “Abbiamo sempre detto – ha aggiunto Monni – che se ci fossero state evidenze o seri indizi di carattere ambientale, avremmo chiesto agli uffici di sospendere quel procedimento. Cosa che abbiamo fatto”.
La discarica di Podere Rota, come ha ricordato la stessa Monni, è oggetto al momento di due diverse inchieste: una riguarda la presenza di cromo esavalente da “keu” rilevato al di sotto della strada di accesso alla discarica, l’altra per la presenza di inquinanti del “percolato” della discarica in piezometri (pozzi di rilevazione) e pozzi privati nei dintorni. “Verifiche ulteriore sono in corso” ha detto ancora l’assessore, che già guarda agli interventi di bonifica: “C’è un disponibilità delle proprietà della discarica ad intervenire sulla strada come soggetto non responsabile e per quanto riguarda la discarica ad intervenire con le bonifiche”
Parlando della dirigente regionale indagata Monni spiega: “ho grande stima e profonda fiducia nell’operato della dottoressa Caselli, è una dirigente regionale molto seria e molto competente: sono certa che dimostrerà la sua estraneità a questi fatti”. Ascolta >>
L’inchiesta però non riguarda solo i gestori privati, ma anche le istituzioni – Comune e Regione – che dovevano vigilare e intervenire. Che da anni sono a conoscenza della presenza di sostanze inquinanti tipici da percolato, come il tetracloroetilene nei pozzi privati e nei piezometri, anche perché è stata perfino l’Arpat, l’agenzia dell’ambiente della Regione. A segnalarlo. A ricordarlo è Catia Naldini, storica attivista del comitato nato contro l’ampliamento della discarica deciso nel 2011, e il cui esposto presentato un anno fa è stato raccolto ora dalla procura fiorentina per l’ultima inchiesta: “La presenza di sostanze inquinanti e odori maleodoranti – spiega a Novaradio – le incompatibilità ambientali della discarica, la mancata predisposizione di studi di caratterizzazione e delle bonifiche sono tutte cose che segnaliamo e denunciamo da anni senza aver mai avuto risposte”. “Nel 2011 – prosegue – l’ampliamento è stato approvato grazie ad una relazione che, pur ammettendo la presenza di sostanze inquinanti ha dichiarato che erano frutto di inquinamento pregresso, e con un escamotage ha ‘trasformato’ un piezometro di monitoraggio del percolato ‘a valle’ della discarica in uno ‘a monte’ “. E così si è arrivati al 2020 quando è statao chiesto l’ultimo ampliamento per rifiuti industriali non urbani, ora sospeso. “La svolta è arrivata con l’esplosione dell’inchiesta ‘keu’ e il ritrovamento di cromo esavalente sotto la strada di accesso alla discarica – dice ancora Naldini – ma il procedimento è solo sospeso non archiviato. Gli interessi sono enormi, la discarica è sempre stata gestita come business”
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