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Disco della settimana | Generic Animal – Benevolent

today22/03/2022

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Generic Animal
“Benevolent”

Etichetta: La Tempesta Dischi
Promozione: GDG Press
Uscita: 18 marzo 2022

L’animale generico è diventato sempre più specifico. Accetta le contraddizioni, sfugge alle definizioni, delinea un’umanità strana, deforme, meravigliosa come solo le imperfezioni sanno essere.

Non si può dare un nome a tutto. Soprattutto se non vuoi distruggere la semplicità o l’impulsività dei tuoi gesti. Capita di essere cattivi tentando di essere buoni, e viceversa. Capita di sembrare persone che non si è davvero. Capita di volersi bene senza mai dirselo una volta.

“Benevolent” è il nuovo disco di Generic Animal uscito il 18 marzo per La Tempesta Dischi.

Anticipato da Piccolo (qui il video: http://y2u.be/nLtBLuIvbBE), l’album arriva due anni dopo “Presto”; segue di quattro il suo primo album, omonimo. Sarà presentato in tour il 1 aprile al Circolo della Musica di Rivoli (Torino); il 2 al DumBO di Bologna; l’8 aprile al Monk di Roma; il 9 aprile al Lumière di Pisa e il 27 maggio al MI AMI Festival di Milano.

Il titolo rappresenta la buona disposizione d’animo. Un atteggiamento positivo verso l’invidia e l’arroganza; gli inciampi e le sfighe del destino, più in generale. Ma un po’ di benevolenza è riservata anche ai nostri peggiori difetti, un’amichevole pacca sulla spalla alla malvagità del nostro io. Tutto il progetto nasce dalla necessità di protezione, dai demoni della vita e ovviamente dai nostri.

Il mostro è schiaffato in copertina, come nelle migliori tradizioni. Nella narrazione fotografica dell’album cammina sperduto. Sembra stia scappando, ma poi si mette timidamente in posa di fronte alla macchina fotografica. È buono, ma fa pensieri cattivi. Sembra un rettile, anzi un anfibio; attenzione, assomiglia a una scimmia. Da lontano fa paura, da vicino è rassicurante: è un pupazzo, un amico verde. È solo una maschera, di quelle per bambini. Un buon travestimento per difendersi.

“Benevolent” naviga tra 10 tracce in cui ondeggia tra i pieni e i vuoti della vita umana. Affronta le ansie, si tuffa tra amore e paure, fronteggia le rosicate. Trova la sua dimensione in una terra di mezzo tra età adulta e infanzia, sogni e incubi. Ci mostra un teatrino fatto di mostri buoni, maschere, deserto e paludi.

È rock e post-rock, si muove nell’underground e conquista leggerezza nel pop. Ha una forma chitarrosa ma non riffosa. Canzoni che suonano – semplicemente – alla Generic. Ci puoi ritrovare i Blur e Say Anything, sentire gli echi dei Vampire Weekend o Samuele Bersani, ci puoi fischiettare Paul Simon. Ci riconosci – soprattutto – Luca Galizia.

L’album è stato scritto e composto tra il 2019 e il 2020, ha affrontato la prima e più difficile quarantena. Un periodo in cui l’autore si è chiuso in sé e ha fatto quello che abbiamo fatto tutti: riflettere. Non ci ha capito molto, ma ha messo in moto un processo. Generic Animal lavora sui traumi infantili irrisolti di Luca Galizia, li manipola e cerca di farci pace, sublimandoli.

Le collaborazioni sono perlopiù con amici (Alvin Mojetta, Manuele Povolo, ClausCalmo, Jacopo Lietti).
Il disco – come il precedente – è prodotto nuovamente dal fedele socio artistico Carlo Porrini, alias Fight Pausa, che nel disco suona le batterie, firmate anche da Giacomo Ferrari.

Rispetto a “Presto” c’è una maggiore attenzione e ricerca sul suono, alla parte ritmica dei beat.

Per scrivere le demo ho usato inizialmente solo suoni di una vecchia pedaliera multi effetto zoom di quando avevo 12 anni e beat di batteria isolate di canzoni pop. È la prima volta in cui effettivamente tutto quello che faccio in una demo viene riportato in “Bella” da Fight pausa, in un secondo momento.

L’album è stato registrato e prodotto al Bleach Recording di Gittana, sopra Lecco, sul lago.

Ci lavorano due amici, Meme Gerace – già mio fonico live – e Andrea Maglia. Non avevamo mai registrato in uno studio che non fosse casalingo o incastrato in un palazzo di Milano e alla fine ci siamo appassionati al verde, al lago e alla stufa a legna, quindi abbiamo deciso di finire il lavoro lì. Abbiamo fatto urlare un po’ di chitarre, registrato delle batterie dentro ad un bagno.

“Benevolent” si presenta con “Piccolo”: una voce, un synth, due chitarre, un basso, una batteria. Ispirato a Paul Simon, è stato scritto pensando ai peggiori giorni di terapia. Un brano pop rock come quelli di una volta, con una piccola crisi d’identità. Prima traccia del disco non a caso, apre e ben delinea la strada dei successivi pezzi. Si fischietta ancora in “Incubo”, tra contratti che non ti fanno dormire e sogni che ti fanno firmare i contratti. La paura di volare (o forse di scappare) è il tema di “Lifevest”, di bugie si parla in “Clermont”, con Jacopo Lietti dei Fine Before You Came. In “Aspetta” si cambia sound e si vira verso il catastrofismo (musicale), con le voci di Alvin Mojetta e Manuele Popi Povolo. “Bastone” ritrova un ritmo più solare. Racconta la vita in città, la difficoltà di gestire un hype crescente e l’ansia da prestazione. Ci vorrebbe un bastone, ogni tanto. La forza di tirare fuori quello che si pensa, un sano mordente. L’aspirazione massima di chi è abituato a tenersi tutto dentro.
“Riverchild” è l’essenza del disco: ecco il mostro buono che abita ogni canzone. È il bimbo del fiume, è un pezzo strumentale. È costruito su un giro di basso pizzicato e ossessivo; ricorda una marcia imperiale, suonata da bambini arrabbiati, o magari dal mostro della laguna. Con “So” arriva l’invidia e la malsana competizione. “Paura di” sono e saranno le ultime parole famose di GA. In “Recinto” c’è ClausCalmo. La sua voce calma quella di Luca, quella di Luca spinge la sua.

“Benevolent è il mio nuovo disco, esce adesso. È il mio bimbo mascherato da mostro. È tutto quello a cui ho lavorato negli ultimi due anni e che mi ha dato la forza di andare avanti e tener strette tutte le cose che ho coltivato da quando ho cominciato questo progetto. Grazie a tutti gli amici che mi sono stati a fianco e che mi hanno supportato indiscriminatamente, nei giorni più scuri, nelle giornate più limpide. A chi ha saputo tradurre le mie idee in qualcosa di sempre più grande e colorato. Grazie a chi mi ha aspettato perché aveva ancora voglia di sentire quel che ho da dire, da suonare.

Scritto da: Redazione Novaradio


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