TOSCANA – “Sta esplodendo il malcontento fra gli imprenditori del terziario, in Toscana come nel resto d’Italia. Ma più che chiedere sostegni a fondo perduto ed esenzioni fiscali e contributive in tanti chiedono di poter lavorare. Nessuno vuole l’elemosina di Stato con i ristori, vogliono il rispetto della dignità del proprio lavoro”.
Lo ha detto il presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini a proposito delle difficoltà economiche delle imprese di commercio, turismo e servizi, duramente colpite dal Covid, criticando anche i criteri con cui sono state decise le categorie costrette alla chiusura: “Il Governo dovrebbe spiegare a un gioielliere o a un commerciante di pelletteria perché il loro piccolo negozio, più di un supermercato, può diventare un pericolo luogo di assembramento” dichiara, lamentando come molti settori, dei ristori, non possono nemmeno beneficiare: i negozi di calzature per adulti, gli agenti di commercio, i fioristi, la distribuzione automatica, gli atelier di abiti da sposa, le scuole di lingua, le professioni ordinistiche.
Per il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni “non è solo questione di codici Ateco, il fatto è che i ristori dovrebbero esserci per tutti coloro che hanno subito un danno economico da questa situazione, nessuno escluso, dipendenti come imprenditori”.
Ad invitare il governo a rivedere i codici Ateco delle categorie costrette a chiudere e un diverso modo di calcolare l’entità dei risarcimenti è anche a nome degli artigiani la Cna metropolitana Firenze: “Soffronoto suia chi chiude sia chi è costretto a rimanerte apertio senza però gaudagnare” spoiega il presidente Giacomo Cioni: “Basterebbe fare riferimento al fatturato e al calo di giro di affari”