PRATO – Lavoratori sfruttati, si sospetta anche per produrre mascherine destinate al dipartimento della Protezione civile e ad Estar, la centrale acquisti in sanità della Regione Toscana. Dpi, in parte già consegnati, che non sarebbero stati inoltre conformi ai requisiti previsti.
E’ quanto emerge da un’inchiesta di guardia di finanza e procura di Prato, che ha portato all’arresto in flagranza di 13 titolari di ditte tessili cinesi riconvertite, all’individuazione di 90 immigrati orientali irregolari e al sequestro di milioni di mascherine la cui consegna alla Protezione civile, spiegano le Fiamme gialle, era in programma domani.
Protezione civile ed Estar sono parti lese e stanno collaborando all’inchiesta. Plauso per l’inchiesta dal governatore toscano Enrico Rossi.
Le indagini, culminate in un’operazione che ha visto 250 finanzieri, insieme a personale Asl, perquisire oltre 30 aziende cinesi del distretto tessile pratese, nascono da precedenti accertamenti su un imprenditore orientale, destinatario di una misura di custodia cautelare perché avrebbe sfruttato il lavoro di 23 suoi connazionali, per lo più immigrati irregolari o impiegati a nero, costretti a turni di 13/16 ore al giorno, in condizioni degradanti e in laboratori-dormitorio.
Nell’inchiesta sono poi entrati altri due imprenditori cinesi, i fratelli Hong, ora indagati per frode in pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato, ma la cui storia a marzo era finita sui media come esempio di conversione in tempi di pandemia: la loro Gruppo Y.L. era passata a produrre dai cappotti alle mascherine in tnt. Con commesse importanti: i contratti col pubblico, ancora in corso di esecuzione, secondo quanto spiegato dalla Gdf, prevedevano “la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione civile e di 6.700.000 ad Estar, a fronte di corrispettivi, al netto dell’Iva, pari a circa 41,8 milioni e 3,2 milioni di euro”.
Per soddisfare le richieste però l’azienda dei due fratelli si sarebbe avvalsa, quali “contoterzisti e subappaltatori occulti”, e di due aziende dell’imprenditore destinatario della misura di custodia cautelare e di altre 26 ditte di confezioni orientali sospettate, spiega sempre la Gdf, di “analoghe criticità circa il modo di operare, quanto meno in termini di impiego di mano d’opera a nero e violazioni delle norme che regolano la sicurezza sui luoghi di lavoro”.