TOSCANA – Già per il 27 di aprile il governatore della toscana Enrico Rossi spera di “ripartire” con la “fase 2”: l’idea, di cui si è discusso ieri con i sindacati, è dare la precedenza ai settori maggiormente vocati all’export – moda, tessile, concia, marmo, meccanica, oro – per quelle aziende il cui fatturato dipende almeno per un quarto dalle esportazioni. Nei piani della Regione si tratterebbe di 130 mila lavoratori coinvolti, di cui circa 20/30 mila in smart working, e un complesso di circa 6.000 aziende che da sole rappresentano il 40% del Pil toscano.
Il rischio è però di procedere in ordine sparso, “C’è bisogno di creare un piano condiviso per le Regioni, altrimenti rischiamo ancora più confusione, su questo abbiamo già richiamato Rossi” spiega a Novaradio Riccardo Cerza di Cisl Toscana.
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E sulla ripartenza in sicurezza, accordo raggiunto a livello nazionale per il gruppo Baker Hughes-Nuovo Pignone, la più grande impresa toscana, che tra Firenze e Massa occupa oltre 6.000 persone. I sindacati dei metalmeccanici, Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil hanno siglato un accordo valido fino ad agosto che riguarda sia dipendenti diretti che dell’indotto su molteplici aspetti – turni, trasporti, sanificazione, distanze etc – e che viene considerato un possibile “modello” da applicare anche altrove, nelle aziende metalmeccaniche e non solo
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Anche a Prato si lavora su una proposta ad hoc per il settore tessile, che spinge per riaprire. In questi giorni il sindaco Matteo Biffoni ha incontrato imprese e sindacati per lavorare sui protocolli di sicurezza: “Serve non tanto ragionare su quando riaprire – ha spiegato stamani a Novaradio – ma lavorare in tempi stretti ad una piattaforma condivisa che ci faccia arrivare pronti come sistema al momento della ripartenza”.
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Biffoni, che è anche presidente Anci Toscana, a Novaradio ha fatto anche il punto della situazione di crisi finanziaria dei Comuni: “A livello nazionale servono 5-6 miliardi, solo a Prato 50/60 milioni sono spariti quasi da un giorno all’altro. Il governo deve darci una mano se non vogliamo che servizi essenziali si interrompano”