FIRENZE – “La condanna di Mauro Moretti in primo grado per la strage di Viareggio era un obiettivo che si doveva raggiungere anche facendo qualche sforzo interpretativo o spingendo su qualche ambiguità normativa”. Punta sulla teoria punitiva e persecutoria il difensore dell’ex ammisniostratore delegato del gruppo FS, Armando D’Apote, che ieri ha iniziato la sua arringa al processo d’appello in corso a Firenze.
Ancor più esplicito il legale di Michele Mario Elia, anch’egli condannato in primo grado per omicidio colposo: “Una sentenza populista fatta per dare in pasto ai familiari delle vittime nomi noti sull’onda di un populismo sulla quale l’Italia sta deragliando”. La tesi di fondo delle difese è che i vertici di FS e RFI non potevano impedire il disastro che costo la vita a 32 persone il 29 giugno 2008 perché non avevano né la competenza né l’autorità per cambiare le norme sui passaggi dei vagoni cisterna gpl in aree abitate.
Mauro Moretti, presente ieri in aula, ha ascoltato le argomentazioni seduto accanto al suo avvocato nella prima fila dei banchi davanti alla corte di appello. D’Apote, anche ricordando che “Moretti ha sanato le Fs, ha chiesto già oggi “l’assoluzione” per il suo assistito, tuttavia la sua discussione non è terminata e avrà una ‘coda’ nell’udienza del 28 marzo, il pomeriggio. Il calendario prevede che il processo di appello osservi una pausa fino alla ripresa dal 9 aprile per le repliche di pm, parti civili e difese. Questi interventi sono previsti anche nelle udienze successive dei giorni 11, 12 e 15 aprile.