FIRENZE – Quando si parla di razzismo oggi “ritengo che si parli di qualcosa che c’è, ma che in realtà c’è sempre stato” Parole di Liliana Segre, senatrice a vita e tra i superstiti ai campi di sterminio, ieri intervenuta all’incontro dal titolo “L’indifferenza uccide”, ieri di fronte al pubblico di oltre 200 persone che hanno affollato ieri la Casa del Popolo di Settignano per la serata di incontro e cena organizzata da Anpi, Aned, Arci, Cgil, Giustizia e libertà e Fondazione Circolo Rosselli. “Questi atteggiamenti ci sono sempre stati – ha spiegato la 88enne senatrice ai microfoni di Novaradio – ma nel secondo dopoguerra sarebbe stato osceno parlarne: ora il tempo è passato, carnefici e vittime sono morti, e si può ricominciare”.
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Segre, oggi 88 anni, aveva 8 anni quando le leggi razziali del 1938 la espulsero da scuola, al pari di migliaia di giovani italiani di religione ebraica. Nel dicembre 1943 venne arrestata mentre cercava di mettersi in salvo in Svizzera: ad inizio 1944 venne deportata nel campo di Auschwitz-Bikenau, dove trovarono la morte tutti i componenti della sua famiglia. Per 45 no ha parlato in pubblico di quegli eventi, e solo nel 1990 ha deciso di parlare della sua esperienza, soprattutto alle nuove generazioni. Impegno per cui è stata insignita nel gennaio scorso della nomina a senatrice a vita da parte del presidente Mattarella.
Il vero pericolo è proprio l’indifferenza, ha sottolineato Segre: concetto che ha voluto ribadire anche oggi prendendo parte ad un convegno sugli 80/o anniversario delle leggi razziali in Palazzo Vecchio a Firenze, così come fatto ieri a Settignano: “E’ l’atteggiamento più colpevole – ha ammonito – far finta di non accorgersi, voltarsi dall’altra parte: è anche peggio della violenza, perché la violenza almeno è più sincera”. Ai giovani che incontro, ha aggiunto, rivolgo un invito: “Non date colpa agli altri per i vostri errori o ciò che non va, ma assumersi in coscienza le proprie responsabilità e andare avanti con le proprie gambe”.