FIRENZE – Il conflitto politico negli Stati Uniti del trumpismo e i nodi irrisolti della “deep America”, le origini della rinascita della peggior destra in Latinoamerica impersonata in Brasile da Bolsonaro, la ferita aperta delle guerre dal mediterraneo al buco nero afghano, ma anche l’incombente minaccia sull’equilibrio ecologico del pianeta.
Mai come quest’anno, il Festival dei Popoli presenta un programma così intriso di tematiche che richiamano direttamente la contemporaneità e i temi dell’attualità politica. In tutto sono 89 le pellicole, tra lungometraggi e cortometraggi che saranno proiettati in questa edizione numero 59, dal 3 al 10 novembre in numerosi spazi della città: un viaggio attraverso la storia, la natura, le sofferenze e le speranze dei 5 continenti, spaziando dalla politica allo sport, alla musica. Un panoramica a 360 gradi, aperta i gusti di ciascuno, come recita lo slogan di questa edizione “My ways“.
>>> Ascolta l’intervista al direttore del festival, Alberto Lastrucci
L’apertura del festival è con “What You Gonna Do When the World’s on Fire?” ultimo film di Roberto Minervini, cineasta tra i più lucidi e feroci nel fotografare le contraddizioni dell’America cui viene dedicata una ampia retrospettiva.
Da segnalare, lo scontro i giornalisti del “New York Times” e Donald Trump raccontato in “The Fourth Estate” di Liz Garbus, il processo a Nelson Mandela raccontato in The State Against Mandela and the Others di Nicolas Champeaux e Gilles Porte, il processo al Dilma Roussef O processo (The Trial) di Maria Ramos o la storia di un colonnello che ha dedicato la propria vita a sminare il territorio del Kurdistan iracheno in “The Deminer” di di Hogir Hirori e Shinwar Kamal.
Mentre i fragili accordi internazionali sul clima sembrano ad un punto di crollare, molti i lavori che parlano di ambiente e delle scelte etiche e politiche la sua salvaguardia ci impone: da “Genesis 2.0” di Christian Frei e Maxim Arbugaev sul ritrovamento nell’artico di una carcassa di mammouth da parte di cacciatori di avorio, l’ecosistema a rischio delle renne in The Land of Love di Liivo Niglas, o le conseguenze dell’innalzamento delle acque raccontato in Anote’s Ark di Matthieu Rytz.
Come da tradizione, tanti gli inediti che partecipano al concorso internazioanle – 21 tra lung, medio e cortometraggi in gara – anche se tra gli eventi più attesi del festival rimangono i grandi documentari musicali cui il festival ci ha abituati. Da segnalare quest’anno “Studio 54” di Matt Tyrnauer sul mitico locale newyorkese, e ben due documentari sui Queen, a pochi giorni dall’uscita in anteprima della colossal fiction “Bohemian Rhapsody”: “Queen: Rock the World” di Christopher Bird che recupera i filmati della tournée usa del 1977 che portò all’apogeo la band, e “Queen + Bejart: Ballet for Life” di Lynne Wake, che documenta il progetto che ha unito la danza alla musica di Freddy Mercury e compagni.
Infine per gli appassionati del tennis, imperdibile il documentario “John McEnroe: In the Realm of Perfection” di Julien Faraut su una delle figure iconiche dello sport del ‘900.