ROMA – Sono passati 3 mesi dall’annuncio di Bekaert di voler chiudere lo stabilimento di Figline Valdarno e licenziare i 318 lavoratori impiegati per delocalizzare in Romania: eppure oggi al tavolo di trattativa al Ministero dello sviluppo economico, sembra che da quel momento siano passate solo poche ore, tanto distanti e immutate sono le posizioni che si confrontano.
Di fronte ai rappresentanti delle istituzioni e dei sindacati, il rappresentanti di Bekaert ha illustrato “nei dettagli” il piano sociale proposto: se si arriverà ad un accordo entro il 3 ottobre, è la condizione che l’azienda porta al tavolo, si prevede una pluralità di strumenti e attività finalizzati alla reindustrializzazione del sito e al ricollocamento dei lavoratori, oltre che incentivi all’esodo. Sempre nell’ambito di un accordo con i sindacati, Bekaert si dice disponibile a “mantenere in funzione il sito e a proseguire le attività fino al mese di dicembre”.
I sindacati da parte loro ribadiscono l’indisponibilità ad un accordo “sotto ricatto” senza garanzie sul sostegno al reddito per la forza lavoro. Che passa da un attesissimo decreto del governo, promesso e ribadito da Di Maio, ma ancora non concretizzato. “Sono a rischio 318 lavoratori che senza il decreto sulla cassa integrazione per cessazione, promesso dal ministro Di Maio, saranno licenziati il 3 ottobre prossimo senza alcuna prospettiva” ha ricordato il segretario nazionale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano: “Il governo si è impegnato a convocare le parti nelle prossime ore non appena il decreto verrà emanato. Abbiamo preteso comunque una convocazione prima del 3 ottobre.
“Il Governo ha ribadito oggi che la cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività sarà reinserita con l’emanazione di un decreto” hanno dichiarato la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, e il segretario fiorentino Daniele Calosi: “La cassa integrazione è condizione necessaria per far ripartire la trattativa, senza ammortizzatore non potrà esserci accordo”.