PISA – “Siamo qui per ricordare una delle pagine più infami della storia italiana”. Non ha usato mezzi termini il presidente regionale Enrico Rossi, oggi a San Rossore, nel ricordare la firma, il 5 settembre del 1930 proprio nella tenuta di San Rossore, da parte dell’allora Re Vittorio Emanuele III, dei Provvedimenti per la difesa della razza.
“Non si può considerare un atto come gli altri” ha detto il governatore: “Furono 670 gli ebrei deportati dalla Toscana e tornarono in poche decine dai campi di sterminio nazisti”.
Rossi ha preso parte alla giornata di commemorazione organizzata a 80 anni di distanza dalle Università toscane assieme all’Unione delle comunità ebraiche italiane e dal Comune, per non dimenticare. Anche perché, ha sottolineato Rossi, il tema di fondo è di particolare attualità: “Oggi si assiste alla caccia al nero – ha affermato – e dietro a questo c’è una cultura che tende a sottovalutare tutto questo. Invece, noi vogliamo continuare a ricordare quelle stragi, vogliamo far sapere che i fantasmi del nazismo, del fascismo, del razzismo, possono tornare”. “La Toscana – ha concluso il presidente – è multietnica, sono 407mila gli stranieri che vivono regolarmente: chi pensa che si possa tornare indietro, magari con un’operazione di pulizia etnica, non sa come è la Toscana oggi”.
L’importanza del tema della memoria risulta ancora più evidente alla luce di quanto riportano le cronache a proposito dei saluti romani al funerale del docente universitario di Sassari. Un episodio “scioccante” secondo Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane: “Deve spingerci a riflettere e a chiederci che cosa abbiamo imparato in questi 80 anni?”.
