ROMA – Non fu un suicidio, come suggerì il comando della Folgore. Il parà siracusano Emanuele Scieri fu aggredito prima di salire sulla torretta della caserma Gamerra di Pisa, ai piedi della quale fu ritrovato cadavere il 16 agosto 1999.
E’ la conclusione cui giunge, dopo 20 mesi di lavori, la commissione parlamentare d’inchiesta. Nella caserma della Folgore, afferma nella relazione finale, c’era “un’altissima, sorprendente tolleranza verso comportamenti di nonnismo”.
Nel corso dei lavori, la commissione ha esaminato oltre 6.000 pagine di documenti e compiuto 45 audizioni, svolgendo un lavoro che già da alcuni mesi ha portatro la procura di Pisa a riaprire le indagini sul caso.
“La commissione – ha spiegato la a presidente Sofia Amoddio (Pd) – ha accertato che alla Gamerra avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia”, mentre gli lementi riscontrati hanno portato i parlamentari ad “escludere categoricamente la tesi del suicidio o di una prova di forza” o di coraggio legata alla scalata della torretta, tesi suggerita allora dal comando della Folgore.
Decisivi alcuni elementi accertati: una scarpa di Scieri, trovata troppo distante dal cadavere, e una ferita sul piede e sul polpaccio sinistri che sono incompatibili con una caduta dalla scala della torretta. Pesanti le parole della commissione laddove ha evidenziato “le falle e le distorsioni di un sistema disciplinare fuori controllo ed ha rintracciato elementi di responsabilità depositandoli presso la Procura della Repubblica di Pisa”.
Amoddio inoltre parla di “errori grossolani e responsabilità evidenti”, nonché “numerose anomalie nell’effettuazione dei rilievi e dei sopralluoghi sulla scena del crimine”, che le operazioni di rilevamento presero avvio in assenza del Pm e dei Ris e che il cadavere di Scieri fu manipolato per estrarre dal marsupio il telefono cellulare del ragazzo e risalire al suo numero di telefono.