Alessandro Fiori
‘Plancton’
Etichetta: Woodworm / Ibexhouse
Distribuzione: Audioglobe / The Orchard
Promozione: Promorama
Uscita: 4 novembre 2016
“Plancton è il mio KID-A”: un disco ipnotico in cui le canzoni si lasciano trasportare dalle più profonde correnti sottomarine (salvo raramente salire a galla).
La natura del disco – registrato in combinazione tra supporto digitale e nastro magnetico – è frastagliata, fatta di elettronica organica e nano-particelle concrete, pure o elaborate.
Le componenti elettroniche del disco – eccezion fatta per Margine (traccia germinale composta in totale autonomia) – sono state gestite insieme a FRNKBRT e Tasto Esc.
Nell’impasto timbrico la principale matrice acustica è il suono di un harmonium Farfisa del ’61.
Plancton si ricollega e riparte dallo smarrimento dei paesaggi desolati e totalitaristici di Tigre in Strada (ultima traccia di “Questo Dolce Museo”, Urtovox 2012) e il suo mood è piuttosto scuro, conseguenza naturale di un’immersione profonda laddove il sole fatica a rischiarare.
Viene meno la fiducia nella specie umana: l’opera suggerisce la reiterazione del dolore in una dimensione ciclica (“è un nuovo ’15-’18?”) che ne esalta la pena.
La fine della ragione (“il sole rimane dietro” in Aaron) e la sterilizzazione degli istinti (“non c’è margine d’amore” in Margine) la fanno da padrone.
Unico esempio di amore possibile nel disco è quello completamente gratuito e incondizionato di un anziano signore nei confronti della moglie ormai incapace di riconoscerlo a causa dell’Alzheimer (Ivo e Maria).
Il tema del ripescaggio dell’infanzia, spesso presente nei dischi del cantautore aretino, è secondario e compare – stavolta in toni invero grotteschi piuttosto che nostalgici – solo in Mangia!.
Piazzale Michelangelo descrive un attentato a Firenze.
Curiosa la richiesta di aiuto quasi in extremis ad etnie nomadi e perseguitate (Madonna Con Bambino Rubato).
Non è un caso se è perenne l’incombenza della morte: il disco è stato infatti composto dentro una forbice di tempo delimitata dal suicidio di due cari (“ma poi se muori alla fine ti arrangi / te ne vai all’altro mondo senza neanche un passo / e gli occhi e i pensieri cavati.” (Ho Paura).