FIRENZE – Fanno discutere le motivazioni della sentenza di primo grado al processo per la morte di Riccardo Magherini con cui il giudice Barbara Bilosi il 13 luglio scorso ha condannato tre carabinieri per omicidio colposo a pene comprese tra 7 e 8 mesi.
Secondo il magistrato, infatti, Riccardo “era in una condizione pesante di intossicazione acuta per l’assunzione di cocaina e in preda a un delirio allucinatorio manifestatosi prima dell’intervento delle forze dell’ordine”. Intervento che “era legittimo e giustificato dalla necessità di bloccarlo”, ma “le lesioni riportate non possono essere in alcun modo ricondotte ad un’azione dei militari che, ad eccezione di due calci privi di efficienza causale sul decesso, non lo hanno picchiato, percosso, leso in alcun modo, come emerso nettamente dalla consulenza medico legale e come oggettivamente confermato dalla condotta autolesionistica di Magherini”.
Il giudice scrive anche che “risulta del tutto infondata la tesi di presunti tentativi di depistaggio” e critica la strategia processuale degli avvocati delle parti civili “che hanno preteso di assimilare sul piano fattuale e giuridico con assoluta e cieca determinazione situazioni in tutto differenti, alimentando aspettative eccessive nei propri assistiti e, di conseguenza, tensioni del tutto inopportune nei confronti delle forze dell’ordine”.