TORINO – C’è anche il reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci atti a indurre in inganno il compratore sulla qualità del prodotto” tra quelli ipotizzati dalla procura di Torino nell’inchiesta sull’olio extravergine. Sulla base di questa nuova ipotesi, che si aggiunge alla frode in commercio, la procura subalpina ha disposto il trasferimento dell’inchiesta a Firenze, Genova, Spoleto e Velletri.
La decisione è stata presa dal pm titolare dell’indagine, Raffaele Guariniello d’accordo con il procuratore capo torinese Armando Spataro. La maggior gravità del reato ipotizzato – che prevede pene fino a 2 anni di carcere – determina la competenza delle Procure della Repubblica” dei luoghi di produzione degli oli oggetto delle indagini. L’inchiesta, che riguiarda la messa in commercio di prodotti oleari che non corrispondono alle caratteristiche (“olio extravergine”) figuranti sulle etichette, coinvolge sette marchi tra i più noti e diffusi: Carapelli, Santa Sabina, Bertolli, Coricelli, Sasso, Primadonna (confezionato per Lidl) e Antica Badia (per Eurospin).
Intanto ariva una prima reazione dalla multinazionale spagnola Deoleo, che commercializza i prodotti a marchio Bertolli, Carapelli e Sasso, con unaa nota in cui si dichiara che la azienda rispetta “i più elevati standard qualitativi e le norme più restrittive in vigore”. Contestate anche le modalità delle analisi effettuate sia dalla rivista Test che dai Nas su incarico della Procura di Torino. “Si basano esclusivamente su una prova di assaggio”, un metodo ritenuto dalla Deoleo “soggettivo, non ripetibile e non riproducibile”, e su cui l’azienda chiederà una controprova.